Regno D'Italia e Fascismo/R.S.I.

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Valerio_
view post Posted on 15/12/2007, 22:25




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Nel 1848 anche Carlo Alberto di Savoia adottò il tricolore, aggiungendo lo stemma Sabaudo che quindi dal 1861 divenne il vessillo del nuovo regno d´Italia fino al 1946. Dopo la nascita della Repubblica lo stemma Sabaudo fu eliminato.

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Nasce a Napoli l'11 novembre 1868 da Umberto I e da Margherita di Savoia , battezzato con i nomi di Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro .
Nel 1894 sposa la principessa Elena del Montenegro, e il 29 luglio del 1900 sale sul trono .
Nel 1901 inizia la sua 1° monetazione .
Già da ragazzo inizia una raccolta di monete che diventerà in seguito una delle più importanti collezioni del mondo , e per dimostrare il suo attaccamento all'Italia la donerà in seguito al popolo Italiano .
Scrive il Corpus Nummorum Italicorum , opera divisa in molti volumi dove sono classificate e descritte le monete Italiane . Si conclude sotto il suo regno l'epoca risorgimentale con il completamento dell'unità d'Italia . Il 9 maggio 1936 assume il titolo di Imperatore d'Etiopia e nel mese di aprile 1939 assume anche quello di Re d'Albania . Il 10 maggio del 1946 abdica in favore del figlio Umberto II e assunto il nome di Conte di Pollenzo parte con la Regina per l'Egitto : con le votazioni del 2 giugno viene consacrata la Repubblica Italiana . Muore ad Alessandria d'Egitto , dove si era ritirato in esilio , il 28 dicembre 1947 .


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Il Duce , Benito Mussolini Capo del governo e Ministro della guerra.

29 ,1940 Maggio Mussolini convoca un vertice militare informando che vuole intervenire nel conflitto affianco di Hitler. I tedeschi hanno conquistato Ypres , Ostenda e Lilla. La fine del Belgio convince Mussolini che l'Italia deve intervenire nel conflitto il piu' presto possibile. Chiedera al Re di assume lui il comando delle operazioni belliche. ( ma le versioni di questa delega al comando storicamente e' ancora dibattuta ; se fu lui a chiederla oppure fu forzato ad accettarla su pressioni di altri. Resta un fatto, che il comandante supremo era sempre il Re, in base allo statuto Albertino, quindi unico responsabile delle operazioni era lui !. la stessa dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra , reca la firma del Re e non di Mussolini , nel verbale segreto, con il resoconto stenografico della riunione tenuta a Palazzo Venezia , nella stanza del Duce alle ore 11, Mussolini afferma " La situazoione attuale non permette ulteriori induci perche' altrimenti noi corriamo pericoli maggiori di quelli che avrebbero potuto essere provocati con un intervento prematuro, se tardassimo di due settimane non miglioreremmo la nostra situazione.... mentre potremmo dare alla germania l'impressione di arrivare a cose fatte quando il rischio e minimo , oltre alla considerazione non e' nel nostro costume morale colpire un uomo che sta' per cadere....fatta questa premessa da oggi nasce l'alto comando de Jure , che sara' reso noto quando la Maesta del Re mi dara' il documento che affida a me il comando delle forze armate. ( lettera e documenti di Mussolini-Hitler , King Future Syndacate New York 1946 )

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Il 5 dicembre 1934 si verifica un incidente presso Ual Ual, località tra la Somalia italiana e l'Etiopia: 1.500 soldati etiopici aggrediscono una postazione militare italiana di confine, composta da circa 200 militari. Mussolini chiede delle scuse ufficiali nonché il pagamento di un'indennità da parte del governo etiope, conformemente a quanto stabilito in un trattato siglato tra Italia ed Etiopia nel 1928. Il Negus Haile Selassie, avendone la possibilità in virtù del medesimo accordo, decide di rimettersi alla Società delle nazioni (2 gennaio). Per far luce sulla vicenda, questa si impegna in un arbitrato, temporeggiando; tuttavia, i rapporti italo-etiopi sono irrimediabilmente compromessi e Mussolini si appella all'episodio come motivo per dichiarare guerra. Sconfinamenti di reparti militari abissini si erano già verificati precedentemente: ad esempio, il 4 novembre 1934 quindo il consolato italiano a Gondar era stato attaccato da gruppi armati etiopici. Le tensioni italo-etiopiche erano dovute al disegno italiano di unificare territorialmente Eritrea e Somalia e al desiderio etiopico di conquistare uno sbocco sul mare.

Tra il 4 e il 7 gennaio 1935 Mussolini incontra a Roma il ministro degli esteri francese Pierre Laval: vengono firmati accordi in virtù dei quali la Francia si impegna a cedere all'Italia la Somalia francese (attuale Gibuti), a riconoscere le consistenti minoranze italiane presenti in Tunisia (che era stata oggetto di rivendicazione da parte italiana) e ad appoggiare diplomaticamente l'Italia in caso di una guerra contro l'Etiopia[18]. Laval sperava così di avvicinare Mussolini alla Francia, al fine di dar vita ad un'alleanza in funzione anti-nazista.

Il 16 gennaio Mussolini assume la direzione del Ministero delle Colonie. Il 19 gennaio la Società delle Nazioni riconosce «la buona fede» di Italia ed Etiopia nell'incidente di Ual Ual e decide che il caso debba essere trattato tra le due parti interessate; tuttavia, il 17 marzo gli abissini presentano un altro ricorso, appellandosi all'articolo XV dell'organizzazione. Nella conferenza di Stresa (vedi Fronte di Stresa), svoltasi tra l'11 e il 14 aprile, Italia, Regno Unito e Francia condannano congiuntamente le violazioni del trattato di Versailles da parte della Germania. L'8 giugno a Cagliari, di fronte all'ostilità mostrata in tal senso dalla Gran Bretagna, Mussolini rivendica il diritto dell'Italia ad attuare una propria politica coloniale. Il 18 settembre, in un articolo pubblicato sul Morning Post, garantisce che non verranno colpiti gli interessi francesi e inglesi nell'Africa orientale. Il 2 ottobre annuncia la dichiarazione di guerra all'Etiopia dal balcone di Palazzo Venezia. Attaccando il paese africano, membro della Società delle Nazioni, Mussolini aveva violato l'articolo XVI dell'organizzazione medesima: «se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alle proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all'astensione di ogni relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di qualsiasi altro paese, membro della Lega o no».


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10 Giugno 1940 Discorso di Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia dell'entrata del Regno d'Italia in Guerra: " Combattenti di Terra, di Mare e dell'Aria , Camicie nere della rivoluzione e delle Legioni ! Uomini e Donne D'Italia dell'Impero e del regno D'Albania ! Ascoltate l'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra parte. L'ora delle decisioni irrevocabili , la dichiarazioni di guerra e stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia . Scendiamo in campo contro le Democrazie plutocratiche reazionarie dell'occidente.

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Vittorio Emanuele e il Duce Benito Mussolini

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Il Duce al balcone durante il discorso dell'entrata In Guerra dell'Italia 10 giugno 1940.
Dichiarò guerra alla fazione nemica.


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Repubblica Sociale Italiana

Di fatto la neonata Repubblica Sociale Italiana è uno stato fantoccio controllato dai tedeschi. Hitler aveva posto sotto il diretto controllo del Reich l'intera area nord-orientale dello stato italiano (ovvero l'Istria, il Friuli, il Trentino e parte del Veneto) nonché i territori precedentemente italiani o sotto il controllo italiano al di fuori della penisola (le truppe tedesche occuparono queste zone nei giorni immediatamente successivi all'armistizio del 9 settembre, senza annetterle ufficialmente ma solo de facto). Hitler aveva inoltre fatto in modo che le truppe della RSI fossero direttamente sotto il controllo ed il comando di ufficiali tedeschi.

Tra il 23 ed il 27 settembre 1943 il governo della RSI con i suoi ministeri si insedia a Salò (alcuni uffici governativi sono distribuiti in località limitrofe), da cui il nome non ufficiale di "Repubblica di Salò".

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Il 14 novembre si tiene a Verona la prima assemblea nazionale del Partito Fascista Repubblicano, durante la quale viene redatto il Manifesto di Verona, ovvero il programma di governo del PFR. Mussolini (che ricopre la carica di "capo della repubblica" de facto, essendo tale carica prevista nel manifesto ma non essendo stata da lui assunta in forza di elezioni) annuncia che verrà rimandata al termine del conflitto la convocazione di un'assemblea costituzionale per la redazione della costituzione della RSI, della quale si era prefigurata la convocazione il 13 ottobre.

L'8 dicembre viene costituita con decreto la Guardia Nazionale Repubblicana ("GNR"), posta al comando di Renato Ricci. In essa confluiscono parte degli effettivi dei Reali Carabinieri (corpo che viene disciolto), della Polizia dell'Africa Italiana e della MSVN (mai ufficialmente disciolta sino a tale data). Inoltre alcune migliaia di reclute italiane sono inviate in Germania per essere addestrate.

Tra l'8 e il 10 gennaio 1944 si tiene il Processo di Verona, nel quale vengono giudicati i gerarchi "traditori" che si erano schierati contro Mussolini il 25 luglio 1943: tra questi, viene condannato a morte il genero del duce, Galeazzo Ciano. Non è noto se Mussolini non avesse voluto salvare la vita al marito di sua figlia (nonché dei suoi ex collaboratori) oppure se non avesse effettivamente potuto influire sui verdetti del tribunale giudicante, data la pesante ingerenza tedesca.

Il 21 aprile il duce si incontra con Hitler a Klessheim, e il 15 luglio si reca in Germania per ispezionare le quattro divisioni italiane che gli ufficiali tedeschi stanno addestrando.

Il 16 dicembre, al Teatro Lirico di Milano,[34] pronuncia il suo primo ed ultimo discorso pubblico dalla costituzione della RSI.

Nell'aprile, sempre più isolato e impotente, dopo che il fronte della Linea Gotica ha ceduto e le forze tedesche in Italia battono in ritirata, Mussolini si trasferisce a Milano il 18 e il 25 ottiene un incontro con il cardinale Ildefonso Schuster, nella speranza che questi faccia da mediatore con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia).


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La Repubblica di Salò non ebbe una forza armata unitaria, in parte per volontà dei tedeschi (il generale Keitel aveva dichiarato che "il solo esercito che non ci tradirà è un esercito che non esiste"), in parte a causa delle divisioni esistenti tra i capi dei vari corpi armati, in competizione tra loro per accaparrarsi privilegi e fette sempre più ampie di potere.

I "ras" della Repubblica erano il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, che controllava le forze di polizia; Renato Ricci, capo della Milizia fascista, divenuta Guardia nazionale repubblicana; il segretario del partito Alessandro Pavolini, che nell'estate del '44 fondò una nuova milizia di partito, le Brigate Nere; il generale Rodolfo Graziani, Ministro della guerra e capo dell'esercito della Repubblica sociale.

Ma all'interno dell'esercito alcuni reparti agivano in modo sostanzialmente autonomo; in particolare, fu espressamente indipendente dai comandi di Graziani l'ex reparto speciale della Marina regia denominato Decima Mas, che, ai comandi del principe Junio Valerio Borghese, dopo l'8 settembre aveva intessuto relazioni dirette con i tedeschi, sottraendosi all'autorità del governo della Repubblica di Salò

A queste sparse formazioni armate vanno infine aggiunte le SS italiane, formalmente inquadrate nelle forze militari tedesche.

I corpi armati della Repubblica di Salò non furono utilizzati al fronte, nella guerra contro gli Alleati, con l'unica eccezione della X MAS di Borghese e di alcuni gruppi di combattimento della GNR. Il loro compito principale fu quello di compiere rastrellamenti nelle zone "infestate" dai partigiani, sempre sotto la direzione dei comandi militari tedeschi. La lotta contro la resistenza partigiana fu attuata anche da una serie di bande di squadristi, che operavano in alcune città italiane con il supporto dei tedeschi e del Ministero degli interni della Repubblica sociale. Le più famigerate di queste formazioni furono la Legione autonoma Muti di Franco Colombo (a Milano), la "Silvio Parodi" (a Genova) la banda Carità (prima a Firenze, poi a Padova) e la banda Koch (prima a Roma, poi a Firenze, infine a Milano).
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Junio Valerio Borghese

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Il Duce , 5 Febbraio 1943 .

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Edited by Valerio_ - 26/2/2008, 15:42
 
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view post Posted on 16/12/2007, 10:16
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Vecchio Unno

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MI sembra di aver letto troppe stronzate sulla Repubblica Sociale ...

Ad esempio, la RSI batteva propria moneta. Chiedetelo dove occupavano i tedeschi che imponevamo il marco d'occupazione che, per il cambio oneroso, rovinava l'economia, oppure anche nel pseudo regno del sud (volutamente in minuscolo) dove gli alleati imposero la amlira che ha finito di rovinare l'economia di un paese devastato da una guerra e martoriato dalla guerra civile.

Era stata riconosciuta da diversi stati esteri, cosa diversa dal regno del sud che non fu neanche riconosciuto dagli stessi alleati (cobelligerante ... fu un termine coniato appositamente .. che ca##o vuol dire in guerra cobelligerante .. quello che prima ti sparava addosso e poi spara con per poi rispararti addosso? Neanche i Lanzichenecchi facevano così?

Per non parlare dell'esercito e altro.

Leggiti questo solo a titolo d'esempio

CITAZIONE
GIUDIZI SULLA RSI DI DUE ILLUSTRI ANTIFASCISTI
Enrico Landolfi


Fra meno di un anno la Repubblica Sociale Italiana - con la sua immagine proiettata in un tempo breve, tragico, sanguinoso - avrà toccato il traguardo del mezzo secolo. Nel corso di questi dieci lustri anche nel campo della cultura democratica e di sinistra sono state operate parziali, ma niente affatto irrilevanti, revisioni di giudizio sui seicento giorni gardesani di Mussolini. Anzi, in taluni casi, si sono registrati veri e propri salti di qualità nella valutazione di quella remota, drammatica esperienza. Come, ad esempio, nell'abbastanza recente, amplissimo saggio di Claudio Pavone, fra le cui pagine è collocata la «scoperta» di una verità ormai incontrovertibile: il conflitto che accompagnò il saloismo dalla culla alla tomba fu vera e propria guerra civile, con tutti gli attributi di dignità e terribilità connessi a simile evento.
Dignità perché la nozione stessa di guerra civile presuppone, in ambedue i contendenti, un ideale, una bandiera; un interesse, cioè, non personale bensì superiore e, pertanto, superatore di ogni pregiudizio e presunzione, nell'avversario, di bassezza di istinti, di cinismo, di svincolo da passioni civili, di totale assenza di tensione morale, di disamore per la propria Nazione, di sordità agli stimoli della politica intesa nella più alta accezione.
Terribilità perché fra i vari tipi di guerra possibili certo quella fratricida è la più deprecabile, odiosa, disumana. E destinata a lasciare solchi profondi, segni ineliminabili, ferite irrimarginabili lungo il fluire delle generazioni, dentro i confini dello stesso paese, nell'ambito di una medesima comunità nazionale, nelle strutture di un unico Stato. Spesso, diremmo, a far piangere la stessa madre. Uno scrittore immeritatamente dimenticato, che ebbe parte attiva in senso giornalistico-letterario nella RSI, il sardo Stanis Ruinas - vecchio fascista con forte vocazione di sinistra, dalle complesse vicende esistenziali e politiche postbelliche -, in un libro dedicato ai fatti tremendi dell'Italia '43-'45, edito nella seconda metà degli Anni Quaranta con il titolo «Pioggia sulla Repubblica», narra di una famiglia veneziana nell'ambito della quale due figli giovani, uno fascista e uno legato alla Resistenza, contendono, non certo ad armi cortesi. I ragazzi, nel tardo pomeriggio di ogni giorno, lasciavano la casa paterna per vivere pienamente il proprio impegno militante in modo violento e periglioso. Fu così che una sera, a conclusione di scontri fra Neri e Rossi, uno dei due divenne - senza saperlo e senza volerlo - l'assassino dell'altro. E così quella madre pianse. Quei genitori piansero.
Per tanti anni lo Stato di Salò venne generalmente considerato poco più - o poco meno - di un possedimento coloniale dei nazisti. Insomma: si scrive RSI, si legge Terzo Reich; si scrive Mussolini, si legge Hitler. Di più: tutti i fascisti di allora, coinvolti in quella avventura, furono considerati - imberbi, giovani, anziani o vecchi che fossero - un pugno di traditori criminali al servizio mercenario delle truppe tedesche. E, quando proprio si intendeva dar prova di benevolenza, si declassavano le colpe di fellonia e venalità in più veniali peccati di balordaggine, immaturità, leggerezza, inconsapevolezza. Specie se il reprobo fu in grado di esibire un modico numero di compleanni, l'operazione perdono risultò agevole, fattibile. Vennero così gettate le basi del pentitismo dei lustri successivi, con tutti gli annessi e connessi in termini di procacciantismo abbietto, conformismo estorto, conversionismo sfacciato e ambiguo, a tutti ben noti. Esattamente il contrario di ciò che sarebbe stato giusto e intelligente e proficuo fare nell'interesse dell'unità nazionale, della democrazia, di una svolta fortemente sociale e popolare nel Paese.
Il trascorrere delle epoche e delle generazioni, il rasserenamento dei clima politico, la più pacata riflessione su uomini, fatti e cose dell'ultima fase del mussolinismo, la necessità di trovare un modus vivendi a livello delle istituzioni e della società civile fra uomini e donne delle fazioni che si erano affrontate nella lotta intestina e loro... successori, contribuirono a placare, ridimensionare, smorzare risentimenti e sentimenti. Anche perché, nel frattempo, personaggi lungimiranti, illuminati, prestigiosi del mondo della democrazia e della Sinistra si erano preoccupati di agire nel senso di una chiarificazione pacificatrice e superatrice al di fuori del superficiale, pasticcione, pasticciato pentitismo. Qui il discorso tracimerebbe oltre lo spazio consentito, ma non mancherà occasione per riprenderlo. Ci limitiamo pertanto a qualche nome della complessiva area socialista del buon tempo andato, Ignazio Silone, Ugo Guido Mondolfo, Carlo Andreoni, Ugo Zatterin, Tullio Vecchietti, Giuseppe Faravelli, etc. Ma, sia detto ad onor del vero, anche Bettino Craxi e Lelio Lagorio, uno scrittore e giornalista come Giancarlo Lenher, Arduino Agnelli ed altri hanno «cossighianamente» picconato su tutta una serie di blindatissimi tabù. Vogliamo ricordarcelo il lagoriano «Anno di Garibaldi» al Ministero della Difesa?
Un modesto apporto alla retta e corretta comprensione di ciò che effettivamente fu la RSI vorrebbe darlo anche l'estensore di questo pezzo, uomo di sinistra, della Sinistra, nella Sinistra. E darlo facendo a meno di schiamazzi polemici, senza accentuazioni «originalistiche», prescindendo da retoriche «difensivistiche» che non gli appartengono perché non gli possono appartenere. Delle quali, peraltro, non c'è bisogno alcuno, giacché i fatti, ormai, sono ben più eloquenti della eloquenza stessa. Un contributo, questo nostro, tipico di chi non da oggi si diletta di scorribande dentro polverosissimi scaffali di biblioteche disertati da tempo immemorabile, di scoop «storici» inseguiti in incunaboli tanto venerandi quanto obliati.
Vediamo. Ivanoe Bonomi veniva in evidenza, in quei frangenti tempestosi e fatali, come leader, diremmo istituzionale, dell'antifascismo. Era, infatti, il presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, che raggruppava i sei partiti fondamentali della opposizione al regime fascista. In tale veste nel giugno '44, subito dopo l'ingresso degli Alleati in Roma, era succeduto a Badoglio come capo del governo di coalizione esarchica, incarico che tenne fino alla cessazione delle ostilità per quindi passare il testimone a Ferruccio Parri, catapultato al Viminale, dal famoso, impetuosissimo «Vento del nord». Il Bonomi - vecchio riformista bissolatiano di Mantova, già ministro della guerra e Presidente del Consiglio prima dell'avvento del fascismo, deceduto negli Anni Cinquanta mentre era Presidente del Senato - così annota nel suo «Diario», relativamente alla genesi della Repubblica Sociale: «'E indubbio che questa proclamazione (della RSI, ovviamente. N.d.R.) non lascerà indifferenti gli italiani. I fascisti applaudiranno, gli antifascisti fischieranno non la Repubblica, sibbene il nuovo apostolo, ma gli uni e gli altri constateranno che una Monarchia è caduta e una Repubblica è sorta, e che un problema nuovo s'impone alla loro meditazione e alle loro successive determinazioni. Quale sarà la situazione italiana tra poche settimane? Nella zona settentrionale e centrale d'Italia (cioè nei due terzi dell'antico Stato) sarà instaurata la Repubblica che funzionerà con un Capo, un suo Governo, e una sua Forza Armata. Nel Mezzogiorno e nella Sicilia invece gli angloamericani daranno man forte alla Monarchia ... »
Come ognun vede, il capo istituzionalmente riconosciuto dell'antifascismo si guarda bene dallo snobbare, dal disprezzare, dal sottovalutare la RSI. Per lui, le formazioni cielleniste si trovano a dover fronteggiare non un raggruppamento di rinnegati al soldo dello straniero invasore, ma una vera Repubblica, con veri organi costituzionali, con vere Forze Armate. Dei tedeschi - che pure, vivaddio, nel Centro e nel Nord ci sono, eccome se ci sono, e costituiscono un grossissimo problema anche per Mussolini - non fa menzione alcuna. Mentre, per ciò che attiene al Regno del Sud, afferma solo che gli Alleati altro non faranno che rincalzare nella massima misura possibile il vacillante e ridottissimo reame sabaudo. Ciò perché - ci permettiamo di maliziosamente chiosare noi - essi si troveranno assolutamente a proprio agio con un re carico di complessi di colpa, contestato da tutti in tutto e per tutto, totalmente delegittimato, politicamente debilitatissimo e, pertanto, strumento pressocché inanimato nella mani dei vincitori. Insomma, un vero e proprio re travicello.
Il Bonomi, fondamentalmente uomo mite e patriota propugnatore di un socialismo nazionale - non certo un debole, un pupazzo nelle mani dei partiti e degli angloamericani, tanto vero che nell'estate del '44 protesterà con forza per l'annuncio da parte alleata della sottrazione all'Italia di tutte le colonie - nel dopoguerra sarà favorevole alla pacificazione nazionale proprio mentre imperversavano discriminazioni e vendette. Rispondendo alle sollecitazioni di Carlo Silvestri - che lo invitava a gettare tutto il peso della sua autorevolezza nel dibattito culturale e politico relativo al rapporto della Italia democratica con il recente passato littorio e con coloro che lo hanno incarnato, onde farvi prevalere le tesi distensive e conciliazioniste - così epistolarmente si esprime: «Caro Silvestri, ho ricevuto i giornali che documentano la tua tenace assidua intelligente opera per la pacificazione del Paese. Mi rallegro con te per l'attività spesa ad un fine così nobile ed alto. Io pure - nella mia faticosa campagna elettorale - ho perorato la medesima causa. E tempo che l'Italia esca dalle fazioni per entrare nel regime vero della democrazia, che vuol dire libertà e tolleranza. Io oggi posso fare assai poco. Sono ormai un solitario nell'epoca dei partiti di massa. Oggi il protagonista è la folla e non più l'uomo. E le folle si tengono con le tessere di partito. Se il socialismo tornasse sulle orme di Turati e di Bissolati il mio riformismo rifiorirebbe. C'è qui dietro di me il ritratto della Signora Anna (Anna Kuliscioff, compagna di Filippo Turati. N.d.R.) che mi ricorda tempi lontani e inobliabili. Purtroppo è il difetto dei vecchi di guardare indietro e di sentire la nostalgia del passato. Cordiali saluti dall'aff.mo Ivanoe Bonomi.» Ecco un Bonomi in edizione più che mai tricolore - nel primo dopoguerra si contrappose all'amico carissimo Bissolati nel rivendicare per l'Italia tutta la Dalmazia - e anche un po' antipartitocratico.

E veniamo ad un altro personaggio di grosso spessore storico, prestigiosissimo: il Maresciallo d'Italia Enrico Caviglia. Costui - eminente condottiero nel corso del primo conflitto mondiale, ministro della guerra, senatore, Collare dell'Annunziata e, pertanto, cugino del re - non appena ha notizia dell'ingresso del collega Rodolfo Graziani nel governo della RSI come ministro delle FF.AA., gli scrive una lettera affettuosissima nella quale, tra l'altro, si legge: «Sono con te. Ti seguo. Sta attento. Cerca di comportarti con equilibrio. Hai assunto una parte tremenda, ma certamente sarà, speriamo che sia, utile per la patria. Tu nel tuo discorso hai detto: il vecchio Maresciallo Caviglia, ma guarda che ho 82 anni solamente.»
Il Graziani sarà rimasto certamente sorpresissimo, giacché il Caviglia era in fama di antifascista fierissimo. Al suo processo dirà: «Caviglia mi scrisse una lettera di piena adesione al Governo repubblicano, pur senza prendervi parte attiva.» E ancora: «Il Maresciallo Caviglia aveva scritto anche un'altra lettera, che era indirizzata al generale Cavagnari e nella quale approvava calorosamente la creazione del nuovo Esercito repubblicano, ed auspicava che diventasse il nucleo del futuro Esercito italiano.»
Intendiamoci, l'ottuagenario altissimo dignitario castrense aveva in uggia e in dispetto il Badoglio. Anzi, tanto per essere chiarissimi, fra i due non era mai corso buon sangue. Del capo del governo trasferitosi a Brindisi con la famiglia reale soleva dire: «è come un cane da pagliaio, corre dove c'è il boccone più grosso.». E scusate tanto se è poco! Va da sé che l'avversione per il vincitore della guerra etiopica non poteva che indurlo all'amicizia col Graziani. Non si è sempre detto «il nemico del mio nemico è mio amico»?
Ma non esiste solo la testimonianza di Rodolfo Graziani, bensì anche quella del principe Junio Valerio Borghese, comandante della X MAS, medaglia d'oro per aver violato la fortezza di Gibilterra. Costui racconterà al giornalista Bruno Spampanato della visita fatta dal Caviglia al primo nucleo della «Decima» in La Spezia. E delle parole di incoraggiamento pronunciate per le nuove Forze Armate della RSI da questo irriducibile antifascista.

Oppure questo

CITAZIONE
Considerazioni sulla natura giuridica della RSI


Daniele Trabucco *



In questi ultimi tempi, soprattutto in seguito all'insabbiamento della proposta di legge di iniziativa parlamentare che voleva estendere a coloro che militarono nella Repubblica Sociale Italiana la qualifica di combattenti, è tornata in auge la tematica della qualificazione giuridica del governo di Salò.
Personalmente non condivido, poiché non ancorata ad alcun dato positivo, la tesi sostenuta da alcuni costituzionalisti (Balladore Pallieri, Gueli) secondo la quale la RSI altro non fu se non uno Stato-fantoccio, presupposto indispensabile per l'occupazione militare tedesca nell'Italia centro-settentrionale. Su questa linea, si è collocata la maggior parte degli storici contemporanei che vede nell'ordinamento di Salò un vero e proprio regime collaborazionista dei nazisti, incapace di attuare quel programma socialisteggiante propugnato durante il Congresso di Verona del novembre 1943. Ma, in realtà, ci troviamo innanzi ad un'impostazione di parte, coniata dalla ideologia della resistenza, e non aderente alla realtà dei fatti.
Sul piano storico, ha osservato un insigne costituzionalista quale il prof. Livio Paladin, «sono esistiti ed esistono tutt'oggi i più vari regimi fondati sull'appoggio di altri Stati, che tuttavia mantenevano e mantengono una loro originarietà ed indipendenza».
In primo luogo, le norme promanate dalle fonti di produzione del diritto della cosiddetta Repubblica di Salò, durante il biennio 1943-1945, hanno sempre ottenuto media obbedienza da parte di coloro che operavano negli ambiti spazio-territoriali del governo repubblicano a riprova, come confermato dalla teoria generale del diritto, della effettività dell'ordinamento giuridico in questione o meglio, in altri termini, della validità giuridica delle sue disposizioni normative; aspetto difficilmente realizzabile in seno ad uno Stato a sovranità puramente teorica.
In secondo luogo, è significativo come il III Reich tedesco abbia riconosciuto diplomaticamente, e non solo sul piano formale, la Repubblica Sociale di Benito Mussolini attuando uno reale scambio di ambasciatori (a Berlino, andò Filippo Anfuso dopo essere stato richiamato dalla sede diplomatica di Budapest; per il governo di Salò, si insediò Rudolph Rahn già ambasciatore tedesco a Roma), segno evidente e tangibile della non volontà di considerare la RSI una semplice "longa manus" dello Stato tedesco.
A questo punto, dopo aver demolito, con argomentazioni chiare e precise, la tradizionale ed errata visione dello Stato Fascista Repubblicano, risulta necessario chiarire la qualificazione di suddetta realtà alla luce degli elementi giuspubblicistici di cui oggi disponiamo.
La definizione più corretta è sicuramente quella che vede nella restaurazione mussoliniana a Salò, un governo locale di fatto (Giannini). Infatti, se è vero che non si può parlare di Stato nell'accezione moderna del termine in quanto il nuovo ordinamento fascista si caratterizzava per una sovranità limitata e circoscritta ad una porzione del territorio italiano (la parte rimanente era soggetta alla pseudo-sovranità del Regno del Sud), è anche vero come, dati alla mano, non si può negare la presenza di un apparato esecutivo-amministrativo-legislativo, munito di Dicasteri abilmente distribuiti nell'ambito del proprio territorio per un maggior controllo dello stesso (la Presidenza del Consiglio a Bogliaco, il Ministero dell'Interno a Maderno, il Ministero della Difesa a Cremona, il Ministero delle Corporazioni e dell'Economia a Verona, il Ministero dell'Agricoltura a Treviso, ecc.) ed in grado, anche se in maniera non sempre piena, di coordinare la propria azione politica con le iniziative militari della Wehrmacht.
A sostegno di quanto ora affermato, si può portare, a titolo esemplificativo, il tentativo di avvio, da parte della Repubblica Sociale, di un grande programma di socializzazione, non completamente attuato a causa degli interessi bellico-militari delle autorità germaniche, ma volto a ridefinire prepotentemente ed in maniera radicale i rapporti tra capitale e lavoro e tra economia e Stato: la ripartizione degli utili dell'impresa tra fondo di riserva (a favore dei lavoratori) e capitale azionario, la partecipazione dei lavoratori stessi ai consigli di gestione delle fabbriche, ecc.
Inoltre, esiste anche un dato giuridico-amministrativo inoppugnabile che confermerebbe il carattere realmente governativo e sovrano della Repubblica di Salò: il D.lgs.lgt (ossia Decreto legislativo luogotenenziale) 5 ottobre 1944 n. 249 sull'assetto della legislazione nei territori liberati (o dovremmo forse dire occupati con il tradimento), ha salvato la validità e l'efficacia degli atti di ordinaria amministrazione della RSI, perché privi di motivazioni ed implicazioni politiche, differenziando, de facto, gli atti del governo repubblicano mussoliniano in ragione del loro grado di politicità. Dunque non è propriamente corretto sostenere che il solo continuatore dello Stato italiano fu il Regno del Sud dal momento che il riconoscimento dell'attività amministrativa della Repubblica Sociale Italiana risulterebbe sintomatico della presenza di una realtà governativa pienamente sovrana nel proprio territorio ed espressione di coloro i quali non vollero riconoscersi nella compagine governativa del generale Pietro Badoglio. Infine, a conferma di quanto il fascismo repubblicano non si considerasse un mero esecutore delle volontà germaniche ma protagonista attivo nella ricostruzione e nella salvezza dell'Italia dopo il vile tradimento di Casa Savoia, è opportuno ricordare l'annotazione, in data 17 settembre 1943, del Ministro della Propaganda tedesca, Josef Gòbbels, laddove mette in evidenza il ferreo convincimento del Duce non solo di ricostituire il partito fascista e porre le fondamenta per la ricostruzione dello Stato partendo dal più basso gradino amministrativo, ma anche il grande proposito di convocare un'Assemblea Costituente che avrebbe delineato la nuova forma di Stato e di Governo della Repubblica Sociale Italiana. (1)
I Costituenti, riunitisi, per la prima volta, il 22 giugno 1946 e chiamati a redigere la Carta Costituzionale del nuovo ordinamento repubblicano in conformità al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, non seppero e non vollero tener conto di questa dicotomia istituzionale comportante una netta ed evidente divisione di sovranità tra due realtà governative opposte ma operanti, entrambe, all'interno del territorio nazionale italiano nell'arco di tempo compreso tra il mese di settembre 1943 ed il mese di aprile 1945. Sono state le forze politiche che si riconoscevano nei Comitati di Liberazione Nazionale a rovesciare il dato storico, facendo prevalere non la verità dei fatti ma unicamente la forza dell'ideologia antifascista. La stessa Costituzione nel sancire, all'art. 3 primo comma, il principio di eguaglianza formale implicante il divieto di discriminazioni «di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali» impedisce alle azioni positive ed ai provvedimenti legislativi di divenire, a loro volta, fonte di ingiustizia, dando luogo a casi di "discriminazione all'incontrario" (la c.d. reverse discrimination secondo la famosa espressione coniata dalla giurisprudenza costituzionale americana della Corte Suprema) proprio come nella fattispecie di cui all'inizio della presente trattazione, dal momento che il legislatore nazionale ha optato per la non estensione ai combattenti di Salò, decisi a riscattare l'infamia del tradimento del 25 luglio 1943, lo status giuridico di combattenti a cui giustamente e doverosamente riconoscere i benefici già riservati a coloro che militarono all'interno dell'intoccabile fenomeno resistenziale. Ma l'elogio più alto, meno retorico e più autentico dello Stato fascista Repubblicano, per il quale i reduci e le loro famiglie debbono essere orgogliosi, venne da uno dei suoi più audaci sostenitori: Alessandro Pavolini, segretario del partito fascista, il teorico di quello che lo storico Renzo De Felice definì "il culto della coerenza": la Repubblica Sociale era «nata nella tragedia» ma anche nella «purezza» dell'animo «di chi si getta nella mischia e prende partito senza calcolo alcuno delle probabilità».


Nota
(1) - Si veda, in merito, l'opera di Gobbels, "Diario Intimo", Mondadori 1948, pag. 606 e seguenti.

 
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Danko78
view post Posted on 4/1/2008, 02:50




CITAZIONE (OttO M4F @ 16/12/2007, 10:16)
Era stata riconosciuta da diversi stati esteri, cosa diversa dal regno del sud che non fu neanche riconosciuto dagli stessi alleati (cobelligerante ... fu un termine coniato appositamente .. che ca##o vuol dire in guerra cobelligerante .. quello che prima ti sparava addosso e poi spara con per poi rispararti addosso? Neanche i Lanzichenecchi facevano così?

Per non parlare dell'esercito e altro.

No questo non è affatto vero.
Il regno del sud fu riconosciuto dagli alleati praticamente poco dopo l'8 settembre, con la firma dell'armistizio lungo. Addirittura proprio i russi anticiparono di qualche giorno gli anglo-americani che rimasero un pò increduli di tale mossa politica.
Per quanto riguarda la cobelligeranza, questa non ha nulla a che vedere con il riconoscimento o meno di uno stato, trattasi di altra cosa; o meglio è una conseguenza di un riconoscimento di fatto.
Poi possiamo essere pienamente in accordo sulla vigliaccheria della casa regnante, ma il regno del sud, a differenza del' Rsi, in seno alla società delle nazioni era stato riconosciuto praticamente da subito.
 
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Grollo
view post Posted on 6/1/2008, 20:02




QUOTE (Danko78 @ 4/1/2008, 02:50)
...ma il regno del sud, a differenza del' Rsi, in seno alla società delle nazioni era stato riconosciuto praticamente da subito.

Non capisco cosa avessero da stupirsi gli americani del fatto che i russi avessero riconosciuto il Regno del Sud fin da subito... Bella forza, Badoglietto caro era pronto da mesi a vendere la monarchia agli antifascisti del PCI (i quali messaggiavano col Cremlino a SMS di carta, scritti in piccolo piccolo, tanto che la prof non vedesse, da diverso tempo...:asd:), lasciandogli il governo in mano e pieni poteri...:asd:
Che sorpresa per gli americani!! :afraid:
 
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Valerio_
view post Posted on 6/1/2008, 20:13




QUOTE (Grollo @ 6/1/2008, 20:02)
QUOTE (Danko78 @ 4/1/2008, 02:50)
...ma il regno del sud, a differenza del' Rsi, in seno alla società delle nazioni era stato riconosciuto praticamente da subito.

Non capisco cosa avessero da stupirsi gli americani del fatto che i russi avessero riconosciuto il Regno del Sud fin da subito... Bella forza, Badoglietto caro era pronto da mesi a vendere la monarchia agli antifascisti del PCI (i quali messaggiavano col Cremlino a SMS di carta, scritti in piccolo piccolo, tanto che la prof non vedesse, da diverso tempo...:asd:), lasciandogli il governo in mano e pieni poteri...:asd:
Che sorpresa per gli americani!! :afraid:

Ma si sa che il Regno del sud stava in mano ai comunisti.....
 
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Danko78
view post Posted on 7/1/2008, 00:55




CITAZIONE (Grollo @ 6/1/2008, 20:02)
CITAZIONE (Danko78 @ 4/1/2008, 02:50)
...ma il regno del sud, a differenza del' Rsi, in seno alla società delle nazioni era stato riconosciuto praticamente da subito.

Non capisco cosa avessero da stupirsi gli americani del fatto che i russi avessero riconosciuto il Regno del Sud fin da subito... Bella forza, Badoglietto caro era pronto da mesi a vendere la monarchia agli antifascisti del PCI (i quali messaggiavano col Cremlino a SMS di carta, scritti in piccolo piccolo, tanto che la prof non vedesse, da diverso tempo...:asd:), lasciandogli il governo in mano e pieni poteri...:asd:
Che sorpresa per gli americani!! :afraid:

Gli americani rimasero spiazzati da questa mossa sovietica per paura che questo potesse favorire il peso politico del Pci all'interno del governo Badoglio. La motivazione sta tutta quà.



CITAZIONE (Valerio_ @ 6/1/2008, 20:13)
Ma si sa che il Regno del sud stava in mano ai comunisti.....

Non direi proprio.
Anche se devo dire che il governo Badoglio su un piano così caro a comunisti e socialisti, come l'epurazione, fece decisamente molto, più dei successivi governi Bonomi e Parri; a parte questo Badoglio era persona spiccatamente anticomunista, non di certo un fascista convinto, ma sicuramente una figura conservativa.

Secondariamente gli Alleati, soprattutto gli inglesi in quel momento, non avrebbero mai permesso un governo in mano ai comunisti, altrimenti sarebbe successo come nel 45 in Grecia dove le truppe inglesi stroncarono un tentativo di rivoluzione comunista.

Il governo del Sud era un governo di militari, dove erano rappresentati anche i partiti antifascisti.
 
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5 replies since 15/12/2007, 22:25   1569 views
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